Ai
magistrati del tribunale di sorveglianza di Milano si può riconoscere la fede illimitata nella natura
riabilitativa della pena, ma non certo il realismo. Non se ne sarebbero trovati molti altri
disposti a credere che un incontro settimanale con dei coetanei
malati bastasse a recuperare un uomo arrivato alle soglie degli ottant'anni
con “una spiccata capacità a delinquere”. Nemmeno la fata turchina ci avrebbe scommesso su. Altro che
magistratura rossa!
A distanza di un paio di mesi, è lo stesso
ex premier ed ex cavaliere a dimostrare di non essere ancora un ex Berlusconi, e
lo fa, nel corso del processo in cui è imputato un suo affiliato, definendo i
giudici “irresponsabili”.
Se ciò fosse
accaduto all’interno di un palazzo di giustizia degli Stati Uniti, tanto per
citare un paese che Berlusconi e i suoi fan amano spesso portare a esempio, al
processo in corso se ne sarebbe immediatamente sovrapposto un secondo che lo avrebbe
portato diritto in cella la sera stessa.
In Italia
invece si seguono altri iter. In primo luogo, i magistrati dovranno valutare l’ipotesi
di oltraggio a magistrato. Ci vorrà del tempo, in altri termini, e forse pure
la consulenza di un linguista, per capire se Berlusconi volesse veramente
offendere i giudici, o se non volesse piuttosto far loro un complimento con il
suo stile eccentrico e ridanciano che tutti gli riconoscono. Fatto ciò, dovranno
decidere se trasmettere gli atti ai giudici di sorveglianza di Milano, ai quali
verosimilmente nessuna notizia è ancora arrivata di ciò che è successo a Napoli, e magari
continuano a credere che Berlusconi recuperi a vista d’occhio e sia ormai
prossimo a diventare un cittadino modello.
Che altro
dire, se non che nemmeno nei processi istruiti da Vysinskij i diritti
dell’imputato venivano calpestati in questo modo.
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