Prima delle
elezioni Grillo dice “se perdo lascio”. Nessuno però - né storici né
pseudo-storici - interviene per chiedergli: “scusa, che cosa lasci se non
occupi niente, spiegati meglio”.
Se nessuno
lo chiede è perché evidentemente il concetto sembra chiaro, e infatti tutti lo
interpretano nello stesso modo, cioè che in caso di sconfitta abbandonerebbe la
politica, e interpretano bene, poiché né il diretto interessato né storici e
pseudo-storici smentiscono.
Quando poi
arriva il momento di mantenere l’impegno preso, il discorso cambia e si
comincia a giocare con le parole. Si dovrebbe dimettere, si osserva, se fosse
il segretario o se occupasse altre cariche di un partito politico normale,
siccome non è il caso, non deve dimettersi da nulla.
Invece no, una
carica ricopre. Quella di proprietario del marchio, per la precisione. E allora
da proprietario del marchio si può dimettere. Vendendolo.
Non a un
prezzo esorbitante, s’intende, poiché chi compra non farà un affarone, visto
che il blog fatica ad autofinanziarsi, lui guadagna zero e il manager
addirittura ci perde (ad averne di questi manager).
Trattandosi
di un movimento politico, in sostanza, è un prezzo politico quello che ci si
attende. Una cifra simbolica sarebbe meglio ancora, in quanto consentirebbe a
una fetta importante di militanti di partecipare alla scalata e di potersi così
chiamare a pieno titolo “movimento”.
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