Il decreto che introduce l’obbligatorietà del POS ha immediatamente
sollevato proteste. Gli interessati avrebbero potuto chiedere sgravi fiscali o
costi più bassi,
invece di contestare il provvedimento stesso. Già questa reazione la
dice lunga sulle motivazioni che vi stanno dietro. Inutile aggiungere altro.
L’aspetto interessante è l’originalità della norma, probabilmente destinata
ad attirare l’attenzione degli studiosi del diritto. Per la prima volta infatti
si introduce un obbligo senza prevedere una sanzione. Nemmeno in materia
religiosa si trova qualcosa del genere.
Il fatto è tanto più curioso visto che l’obiettivo dovrebbe essere la lotta
all'evasione fiscale, muovendo dal presupposto che all'interno delle
categorie interessate ci sia una presenza significativa di soggetti che cittadini
modello proprio non si possono definire. Laddove invece questa norma punta esclusivamente
sulla loro collaborazione, cosa che se già ci fosse escluderebbe l’evasione
fiscale nonché le norme stesse destinate a combatterla.
La sensazione è che si tratta di uno di quei casi nei quali il governo
interviene non tanto per conseguire un risultato, ma giusto per salvare le
apparenze, e nei quali alla fine ottiene sempre di non conseguire il risultato
e di non salvare nemmeno le apparenze. Come un poliziotto che vedendo qualcuno
in procinto di sfilare il portafoglio a un altro, si avvicinasse timidamente
dicendo "guarda che queste cose non si fanno", per andarsene poi tranquillamente
per la sua strada.
A meno che nella foga riformista il governo non abbia in mente di innovare anche la filosofia del diritto, mettendo per iscritto un'idea tutta italiana della legge: chi vuole osservarla, la osserva; chi non vuole, può non osservarla.
A meno che nella foga riformista il governo non abbia in mente di innovare anche la filosofia del diritto, mettendo per iscritto un'idea tutta italiana della legge: chi vuole osservarla, la osserva; chi non vuole, può non osservarla.
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