Il
dubbio storico è se Bertinotti venne eletto per rappresentare
la gente di sinistra, o il proletariato, per usare una parola che non è mai mancata
nei suoi discorsi,
in parlamento, o per fare proseliti
nei salotti e nei club più esclusivi della
capitale.
Invitato
in quei salotti per essere dimostrazione che i reazionari non sono così reazionari come
vengono dipinti e non discriminano i rappresentanti della classe operaia che
abbiano appreso le buone maniere, e assiduo frequentatore degli stessi per
dimostrare a sua volta che i comunisti non solo non mangiano i bambini ma
nemmeno le contesse, a un certo punto Bertinotti deve aver smarrito i fili
della sua esistenza, e non ha più capito se fosse il
rappresentante dei lavoratori tra la mondanità romana, o il rappresentante di quest’ultima tra i
lavoratori.
Dopo
un periodo di meritato riposo, che non sembra però essergli servito per diradare la
confusione, torna adesso a farsi sentire con crescente frequenza, insistendo
nell’attribuirsi la parte del vinto, evidentemente
non soddisfatto di essersi già vista riconosciuta quella dell’incapace.
È un
percorso faticoso, quello di Bertinotti, ma che molti di coloro che lo hanno intrapreso
prima di lui hanno portato a compimento con successo, diventando addirittura editorialisti
di Libero o de Il Giornale.
Link:
Le sfide impossibili di Grillo
#mivienedaridere
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