Le
registrazioni della riunione dei capigruppo del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna,
effettuate dal consigliere De Franceschi e pubblicate oggi da Il Fatto quotidiano,
ci consegnano un altro eroe dei nostri tempi, tale Marco Monari, capogruppo del
PD. Il soggetto in questione inanella le sue perle una dopo l’altra, come se avesse
timore di non riuscire a esprimere tutte le sue potenzialità nel tempo
assegnatogli. Qualcuno dovrebbe tranquillizzarlo: non resterà incompreso.
Sono
espressioni che anche solo a riportarle danno un senso di ribrezzo, come sfiorare un essere
immondo. Per quanto diverse, fanno venire alla mente le intercettazioni della
notte del terremoto a L’Aquila. Colpiscono perché sembra vadano più in là di
ciò che ci si possa immaginare. Nessuno pensa di avere dei saggi nelle
istituzioni, e ce ne accorgiamo dai risultati, eppure alla fine si rimane sempre
con la sensazione che per quanto abbiamo pensato male, non abbiamo pensato male
abbastanza.
Qualcuno
dirà che vanno contestualizzate, ma in questo caso il contestualizzarle risulta
un aggravante, visto che il contesto è una sede istituzionale. Qualcun altro
dirà che non sono tutti così, e lo può dire, se non altro perché non tutti
vengono registrati. Ma la questione finale è la selezione della classe
dirigente. Dobbiamo credere che coloro che gli hanno assegnato tale incarico,
come peraltro anche quelli che lo hanno votato, siano della sua stessa pasta o
che pensavano di avere a che fare con un tipo diverso, e dunque lo conoscevano
meno dei capigruppo degli altri partiti che nelle registrazioni lo stanno
ascoltando?
In
entrambi i casi, più che con le ossa rotte, le istituzioni ne escono come
malati terminali.
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