È
bello ogni tanto essere d’accordo con Grillo, se non altro per liberarsi del
dubbio di essere mossi da pregiudizio quando lo si critica. Per il motivo
opposto, non è male ogni tanto essere
in disaccordo col papa. L’occasione è, se
si vuole usare un eufemismo, il mancato incontro del Dalai Lama con papa
Francesco. O, se l’eufemismo lo si vuol risparmiare per miglior causa, il
rifiuto del pontefice di ricevere il leader tibetano.
Non
c’è dubbio, come dice Grillo, che in Vaticano siano stati ricevuti soggetti
della più variegata specie, molti dei quali, aggiungiamo, non si sono proprio
distinti per spiccate virtù cristiane, né prima e né dopo l’incontro. Non c’è
nemmeno dubbio che si tratti di una scelta politica.
Sapevamo
già che prima dei diritti universali, molto prima, vengono gli interessi
economici particolari. È stato proprio per la difesa di tali interessi che le
democrazie occidentali hanno fatto a gara nell’ingraziarsi il governo cinese,
facendo finta di non vedere che da oltre cinquant’anni la Cina occupa il Tibet,
calpestandone la cultura e cancellandone sistematicamente l’identità. Del resto,
il visto negato al Dalai Lama dal Sud Africa, paese che fino a ieri ha
conosciuto l’apartheid, è più significativo di tutte le celebrazioni dedicate e
che saranno dedicate a Mandela da qui all’eternità.
Ora
abbiamo pure la conferma che anche in Vaticano vale la stessa logica. Prima dei
valori cristiani vengono gli interessi della politica cristiana. Anche per la
chiesa infatti la Cina rappresenta un mercato tutt’altro che trascurabile. Un
mercato di anime, certo, ma pur sempre mercato.
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